Un giardino ai piedi dell’Etna che, in una sintesi magistrale, Giovanni Chiaromonte racconta così: “… Nell’obbedienza fedele al profilo originario del terreno, il primo atto del progetto è quello di erigere un muro di pietra lavica rispetto al dato del caos contemporaneo. Nella distanza spaziale posta nei confronti della devastazione presente. Angelo Vecchio immette una profondità temporale piantando un secolare ulivo o una palma centenaria e così, da questo interno giardino, apre un nuovo affaccio verso l’esterno del mondo.”
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