Comprendere il suolo interpretandone ogni intenzione, segno o traccia costituisce una delle fasi essenziali della progettazione del paesaggio. Ma nelle zone iper-aride, dove il suolo è solo terra nuda fortemente esposta e l’ambiente è tanto fragile quanto spietato, il progetto sfida la sua stessa esistenza. Lavorando in queste aree, un architetto paesaggista impara presto che nulla può essere nascosto e che ogni segno lasciato sul terreno influisce sulla stabilità di questo ecosistema sensibile. Ed è quello che ha ben compreso il progetto di Yael Bar-Maor per il recupero della ex cava Shkhoret. Qui il principio informatore dell’intervento, respingendo ogni tentazione di “far fiorire il deserto”, abbraccia l’aridità e la sua struggente durezza come vera e inesorabile natura del luogo.
PIAZZA DEL DONATORE DI SANGUE
Ad Albignasego, la Piazza del Donatore di Sangue, appena rinnovata, offre alla comunità...