ADDIO A MARC AUGÉ: UN ETNOLOGO NEL METRÒ

Ci ha lasciato Marc Augè, ma non ci hanno certo lasciato il suo lavoro, la sua ricerca né il suo pensiero. Ed è per questo che non possiamo non ricordare, ringraziandolo ancora, i contributi preziosi che hanno arricchito le pagine di TOPSCAPE, a partire dal lontano 2009 quando a distanza di 15 anni dall’uscita del “non luoghi” è tornato a parlarne introducendo il tema della globalizzazione: “Il mondo è una immensa città. È un mondo-città. Oggi una grande metropoli accoglie e divide tutte le varietà e le disuguaglianze del mondo. È una città-mondo. La globalizzazione – che è nel contempo urbanizzazione del mondo e trasformazione della città che si apre a nuovi orizzonti – non significa che ci stiamo avvicinando all’idea umanista dell’universalismo, ma, piuttosto, che l’ideale di un mondo egualitario passa dal riconoscimento di tutte le frontiere piuttosto che dalla loro abolizione. Il colore globale cancella il colore locale, come testimoniano le grandi architetture dei nostri tempi, che hanno le proprie giustificazioni locali e storiche particolari ma ricavano il proprio prestigio dal riconoscimento mondiale di cui sono oggetto. Tutti questi fenomeni inediti hanno spinto Marc Augé a ritornare, attualizzandolo, sul concetto di “non luogo” da lui formulato per la prima volta agli inizi degli anni novanta”.
Ma è nel 2013 che, sempre nelle pagine di TOPSCAPE, affronta il tema del paesaggio e della globalizzazione con il saggio “La diversità dei paesaggi, l’universalità del simbolico, la globalizzazione della cultura”. Questo testo, nella sua versione integrale vogliamo oggi metterlo a disposizione di tutti lettori proprio per ricordarne la memoria:

https://paysage.it/wp-content/uploads/2023/07/055-ESSAY-TOPSCAPE-13.pdf

Antropologo ed etnologo francese, Augé ha rivestito il ruolo di Direttore di ricerca all’ORSTOM (oggi IRD) fino al 1970, quindi “Directeur détudes” all’EHESS di Parigi, ha compiuto numerose missioni in Africa, in particolare in Costa d’Avorio e in Togo. Dalla metà degli anni Ottanta ha diversificato i suoi campi d’indagine. Ha quindi compiuto diversi viaggi in America Latina. Partendo da un osservatorio più vicino, in Francia e in particolare Parigi, si dedica ormai da molti anni alla costruzione di una “antropologia dei mondi contemporanei”. La fama in ambito scientifico arriva con le sue ricerche sul campo in Costa d’Avorio e nel Togo concernenti la malattia, la morte e i sistemi religiosi (Le Rivage alladian, 1969; Théorie des pouvoirs et idéologie, 1975; Pouvoirs de vie, pouvoirs de mort, 1977; trad. it. 2003). Ma la popolarità più ampia è arrivata con l’analisi negli spazi moderni (autogrill, centri commerciali…) basati sull’assenza di storia e identità. Nasce così la sua celeberrima teoria dei “nonluoghi” espressa in Un ethnologue dans le métro (1985; Un etnologo nel metrò, Elèuthera 1992) e Non-lieux: introduction a une anthropologie de la surmodernité (1992; Nonluoghi. Introduzione ad una antropologia della surmodernità, Elèuthera 1993). Tra le sue altre opere ricordiamo Le temps en ruines (2003; trad. it. Rovine e macerie. Il senso del tempo, 2004 Bollati Boringhieri), 2004, L’antropologia del mondo contemporaneo, Elèuthera 2006). Nel saggio Il metro rivisitato (Raffaello Cortina 2009) torna a interrogarsi su questo luogo per eccellenza dello spazio pubblico dove circolano opinioni, povertà, musica e sogni. Mentre si interroga sul futuro con Che fine ha fatto il futuro? Dai non luoghi al nontempo, Elèuthera, 2009. Illuminante, inoltre, il lavoro di ricerca pubblicato con “Un altro mondo è possibile” dovedelusa e disillusa dalle ideologie novecentesche, soverchiata da un progresso scientifico e tecnologico inarrestabile, l’umanità di oggi sembra essere rimasta priva di un ‘faro’ che illumini il percorso verso il futuro. Questa sorta di eterno presente – stravolto dalle disuguaglianze, dalla violenza e dalla regressione ideologica – è la condizione che Augé definisce come la ‘preistoria dell’umanità come società planetaria’. Come uscirne ed entrare in una nuova era? Con un’utopia che possa segnare un radicale cambio di prospettiva. La sola utopia valida per i secoli a venire e le cui fondamenta andrebbero urgentemente costruite o rinforzate è l’utopia dell’istruzione per tutti: l’unica via possibile per frenare una società mondiale ineguale e ignorante, condannata al consumo o all’esclusione e, alla fin fine, a rischio di suicidio planetario”.

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